Quando gli occhi guardano, il cuore legge e la mente viaggia: Coverciano , uno dei luoghi dell’anima.

” Questo scritto è incentrato su un’esperienza personale diretta. Ho voluto raccontarla perché quello che ho percepito entrando a Coverciano è qualcosa che mi ha arricchito, soprattutto dal punto di vista emotivo. Certi luoghi a volte , hanno il potere di tirar fuori emozioni che spesso neanche noi stessi sappiamo di avere dentro.”

Andrea Capolli 

Era un sabato mattina di una languida giornata soleggiata. L’estate volgeva al termine ed i colori autunnali iniziavano pian piano ad affiorare insieme ai variegati profumi  della nuova stagione.

Ricordo bene: la curiosità da un lato e l’euforia dall’altro si mescolavano dentro di me, rimarcando quell’ineffabile desiderio di conoscenza. Esattamente come un bimbo in tenera età, davanti alla vastità del mondo.

Entrare in certi luoghi rievoca sempre emozioni forti, sensazioni talvolta difficili da descrivere. Ma la consapevolezza di sentirle in modo diretto, sulla propria pelle, è una boccata d’aria fresca per il cuore.

Nel cuore dei luoghi dell’anima c’è una storia che viaggia dentro la storia. Un passato pieno di esperienza e trionfi che si mescola gentile ad un presente umile ed apprendista.

Benvenuti nel tempio del calcio, benvenuti a Coverciano!

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Quando si entra a Coverciano, il primo impatto che si ha con la struttura  e l’atmosfera del posto si traduce agli occhi in una esplicita sensazione “lussureggiante”, in primis per l’organizzazione e il mantenimento quasi maniacale degli impianti.

Quello però che percepisce il cuore è tutt’altro; improvvisamente ci si trova nel bel mezzo di una situazione conflittuale tra gli occhi e il cuore stesso. I primi evocano la realtà in modo diretto e si limitano all’apparenza della visita contemplando la struttura e l’oggettistica del museo. Il secondo invece riusciva perfettamente a leggere la storia di quel posto portandomi con la mente a viaggiare dentro ogni singola ” avventura ” degli azzurri. Era come starci dentro.

Non so se sono riuscito a rendere bene l’idea. Mentre gli occhi guardavano, il cuore leggeva e la mente viaggiava.

Sì perché una volta entrati, è davvero difficile uscire. Il museo del calcio di Coverciano racchiude alcuni dei momenti più incredibili della storia degli azzurri. Camminando attraverso i suoi corridoi si assapora veramente la nostalgia del momento.

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Trofei, immagini, maglie e persino scarpini di chi in un modo o nell’altro da protagonista ha contribuito a rendere grandi  le gesta di quella nazionale. E se poi si pensa ai tempi odierni, ad una nazionale che oggi fatica a ritrovarsi non si fa altro che enfatizzare quell’effetto nostalgico, quell’incredibile desiderio di voler rivivere il passato, di voler tornare grandi insieme ai campioni che ci hanno cresciuto.

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Vittorie e sconfitte che a tutti noi nostalgici ci sono rimaste nel cuore. Per quell’immagine limpida e chiara che ancora conserviamo di quelle sere ( che sembrano ormai cosi lontane) in cui inchiodati davanti al televisore con i familiari o gli amici riuscivamo ancora ad emozionarci davanti alle note dell’inno di Mameli.

Il passaggio da una stanza all’altra evoca certamente un cambiamento a livello percettivo. A seconda anche del ricordo più o meno vivo che si ha di quella nazionale e di quell’edizione mondiale.

Ricordo di esser entrato nelle loggia interamente dedicata ai mondiali americani. Incorniciate vi erano le maglie di Baresi, Massaro, Pagliuca e naturalmente la 10 di Roby Baggio.In un angolo un affisso ripercorreva per intero le tappe di quell’edizione.

Mi sono fermato a leggere. Per un istante ho percepito un distacco momentaneo dalla realtà. La mente di fatto tornava incredibilmente alla finale di Pasadena e le orecchie sentivano ancora l’eco delle fatidiche
parole pronunciate da Bruno Pizzul dopo l’ultimo errore dal dischetto di Roby .

Ecco personalmente torno a ribadire che in luoghi come questi la nostalgia sia un po’ di casa. Mentre con la mente continui a viaggiare nel passato , gli occhi colgono un presente quasi fugace e  il cuore assapora il gusto nostalgico di trionfi, sconfitte e abbracci che solo tu ricordi di aver vissuto.

Attraversando gli impianti sportivi, dove vi assicuro che la cura estremamente maniacale dei giardinieri, vi spinge a calpestare quel soffice prato geometrico , si giunge alla parte che emotivamente parlando resta la più incredibile.

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Un colonnato che costeggia  una pista di atletica , proprio al lato di uno dei tanti campi da gioco precede di fatto l’entrata alle lockerrooms o spogliatoi ,cosi indicati nel linguaggio internazionale.

Dunque entrando negli spogliatoi, si ha la netta percezione di come la storia corra veloce lungo i binari del tempo. Mentre la mente ripercorre i nomi di tutti quegli “eroi” che in un modo o nell’altro si sono seduti su quelle panchine durante i ritiri pre-mondiali e che hanno fatto la storia di un epoca : da Gigi Riva a  Paolo Rossi, ai vari Schillaci , Roberto Baggio , Paolo Maldini incredibilmente anche i rumori più lontani dello spogliatoio tornano ad esser musica per le orecchie e per il cuore. Una serie di note che accarezzano la nostalgia del momento.

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Poco più avanti , la palestra chiude il cerchio e segna il capolinea della mia visita a questo luogo magico.Un’insegna enorme sulla parete frontale recita ” LA STORIA ADDOSSO , IL FUTURO ADESSO”mentre al suo fianco una gigantografia degli azzurri nell’ esultanza liberatoria di Berlino 2006, rimanda al trionfo della nazionale di Lippi ai mondiali tedeschi. Ancora una volta tanti ricordi, la nostalgia prende il sopravvento ed io che sento i brividi sulla pelle.

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Se mai avrete l’occasione di trovarvi a Firenze , non dimenticatevi di passare da questo incredibile “scrigno” di ricordi. Perché Coverciano più che un centro sportivo resta ancora oggi uno dei luoghi dell’anima della città del Brunelleschi. Uno di quei luoghi che non puoi fare davvero a meno di visitare , perché in fondo è come:

“Le note di una bellissima canzone 

che di tanto in tanto riecheggia nelle nostre orecchie,

mentre il cuore ascolta e dolcemente sorride.”