Un sogno che dura da 28 anni: “Le notti magiche” di Italia ’90.


Ben otto anni dopo il trionfo di Madrid del mondiale 1982, l’Italia sentiva il bisogno di emozionarsi ancora e provare nuovamente l’estasi collettiva di quell’estate caldissima. Così, nel 1984 la Fifa assegna all”Italia l”organizzazione dei Mondiali del 1990, i quattordicesimi della storia. Dopo 56 anni, il nostro Paese torna così a ospitare una fase finale della più importante competizione calcistica.

«Il Mondiale di calcio sarà l’occasione più opportuna per dimostrare le nostre capacità organizzative.”

Già all’indomani del Mundial spagnolo, l’allora presidente della Federcalcio Antonio Matarrese si domanda: “Se è stato così bello in Spagna, chissà in Italia quale sapore potrebbe avere?”

Pronti-via, e nel febbraio 1986 lo stesso Matarrese affida il compito dell’organizzazione dei mondiali a Luca Cordero di Montezemolo, 39 anni e una già consolidata esperienza come manager di successo, prima alla Ferrari e poi nell’operazione velistica “Azzurra”. Il suo obiettivo? «Realizzare un sogno», secondo il suo slogan che invita a pensare in grande, per fare del Mondiale 1990 una vetrina dell’Italia proiettata verso il Duemila.

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IL QUADRO POLITICO-ECONOMICO

I mondiali italiani del 1990 sono segnati però in qualche modo da una serie di eventi socio-economici e non solo, che in parte influiranno sull’organizzazione dell’evento stesso.

Anzitutto, non dobbiamo dimenticare che al di fuori dei confini della penisola il 1990 è anche l’anno che aprirà la strada al processo di riunificazione delle due Germanie, portando l’Europa ad un inaspettato e repentino cambiamento, in seguito alla caduta del muro di Berlino avvenuta esattamente un anno prima.

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Come tanti altri paesi del continente, anche l’Italia risentirà dell’influenza delle tensioni socio-politiche europee. In effetti, il paese è già stato completamente inglobato da quel turbine cominciato qualche anno prima (1987, anno dell’improvvisa  caduta  della Borsa Wall Street) chiamato “declino“, che lo sta deviando verso l’ultimo stadio evolutivo di un sistema politico, economico e morale che di lì a poco sarebbe collassato .

Basti pensare alle grandi holding: era il caso della FIAT degli Agnelli che, dopo aver conosciuto i guadagni più alti della sua storia nell’anno precedente (1989), vede proprio nel 1990  l’improvviso inizio di una crisi sui fatturati e il conseguente avviarsi in un tunnel pieno di ostacoli e contraddizioni.

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Ma all’epoca pochi lo sanno, o fingono di non sapere; i più lo ignorano, godendosi beati gli ultimi giorni di un Bengodi senza solidi razionali a sostegno.

IL MONDIALE E GLI STADI 

Dall’otto giugno all’otto luglio 1990 l’Italia diventa l’ombelico del mondo calcistico. Città infiocchettate per l’occasione, stadi nuovi o ben ristrutturati e negli occhi della gente quella voglia di vincere, riscattarsi e anche “distogliere l’attenzione” dall’inizio di una crisi ormai già avviata.

Arriviamo però a quelli che furono gli impianti che ospitarono quest’edizione mondiale. In alcuni casi, lo stadio lo rinforziamo: è il caso per esempio di Roma, Napoli,  Palermo;  in alcuni casi invece lo ristrutturiamo: a Genova, Marassi assumerà le vere sembianze di uno stadio all’inglese. In altri casi li costruiamo da zero, come a Bari, dove Renzo Piano consegna il meraviglioso San Nicola, o a Torino, dove l’architetto Hutter progetta il “Delle Alpi“. In altri casi invece ci superiamo , è il caso del “Giuseppe Meazza” di Milano (San Siro) dove viene inserito il terzo anello coperto.

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Proprio San Siro viene inaugurato ufficialmente in occasione della finale di coppa Italia vinta dalla Juventus (presenti quasi 90’000 spettatori), e naturalmente si rivelerà determinante nella fatidica cerimonia d’apertura dell’8 giugno.

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In generale, quando pensiamo al mondiale del 1990 è quasi impossibile non citare o pensare a quelle che sono state “le notti magiche”. Se ce le ricordiamo forse è anche merito di una coppia tanto improbabile quanto efficace. Si tratta di  Edoardo Bennato e Gianna Nannini, che incidono l’ultimo grande quarantacinque giri della storia della musica italiana e che tutti noi all’epoca ascoltavamo con l’autoradio removibile o in uno di quei semplici sterei a mangianastri portatili che hanno segnato indelebilmente le pagine della nostra infanzia.

Inutile dire quanto quelle notti magiche ci siano rimaste nel cuore, per l’impronta fortemente emotiva e nostalgica che hanno lasciato nell’intero popolo italiano.

IL GIRONE ELIMINATORIO

Ma veniamo ai fatti: 24 squadre al via e le nostre speranze sono vivamente riposte sugli azzurrini guidati da Azeglio Vicini, subentrato ad Enzo Bearzot dopo i mondiali messicani del 1986.

La partita che inaugura la competizione è tra Argentina e Camerun; la matricola africana convince e sorprende battendo incredibilmente Maradona e compagni grazie alla rete di Oman Biyik.

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Il giorno seguente tocca all’Italia che, davanti al pubblico tricolore  pieno di aspettative, affronta all’Olimpico di Roma l’Austria. Partita dominata dagli undici di Vicini ma che non riescono tuttavia a penetrare la retroguardia austriaca. Il gol degli azzurri arriva solo a metà della ripresa ad opera del subentrato Totò Schillaci, che presto diventerà proprio uno degli emblemi della nazionale 1990, riuscendo addirittura a guadagnarsi il titolo di miglior giocatore e vincere la classifica di miglior marcatore dell’edizione.

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Nel nostro girone ci sono anche Cecoslovacchia e Stati Uniti, che si affrontano a Firenze. Sono i cecoslovacchi a vincere, anzi, a stravincere, per 5-1 trascinati dal futuro genoano Skuhravy. Nella seconda partita gli azzurri giocano proprio contro gli Stati Uniti e vincono ancora per 1-0, gol di Giannini dopo 11 minuti, faticando però moltissimo e sprecando anche un rigore con Vialli. Anche la Cecoslovacchia supera 1-0 l’Austria e allora diventa decisivo per il primo posto nel gruppo A (con Italia e Cecoslovacchia già qualificate per gli ottavi di finale) l’ultimo incontro all’Olimpico dove i nostri hanno disputato tutto il girone. Vicini lascia fuori Vialli e Carnevale per Schillaci e Baggio ed è la mossa vincente. Gli azzurri danno spettacolo, Totò segna dopo nove minuti, Roby raddoppia al 79′ con un gol che sarà presto il simbolo dei mondiali, partendo da centrocampo e facendo fuori mezza squadra avversaria prima di battere a rete.

Indimenticabili gli occhi spiritati e increduli di Schillaci cui l’arbitro nega un evidente rigore.

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Ottavi di finale. L’Italia, ancora con Baggio e Schillaci in avanti, affronta un Uruguay più cattivo che mai. La partita non si sblocca per più di un’ora, ma alla fine a decidere è ancora Totò, mentre nel finale Aldo Serena, subentrato a Berti, raddoppia con un classico del suo repertorio, il colpo di testa .

QUARTI DI FINALE E SEMIFINALE

Si vola ai quarti dove l’avversario è l’Eire di Sir. Jackie Charlton, fratello del campione inglese Bobby. Il “man of the match” è ancora lui, Totò. Donadoni riceve da Giannini e al limite dell’area decide di assumersi la responsabilità del tiro. Ne viene fuori una saetta che fulmina il para-rigori Bonner. Il portiere irlandese respinge, poi barcolla e cade. Schillaci, il predone, non si lascia sfuggire l’occasione: arriva sulla palla e con un tocco di piatto destro trova la diagonale giusta che arriva al gol. Totò fa poker in questo mondiale e l’Italia si prepara a rilanciare al tavolo di Maradona.

Gli argentini dal canto loro riescono ad avere la meglio su una Jugoslavia ostica e coriacea solo ai calci di rigore: la Jugoslavia la sovrasta ma non segna, e dopo i tempi regolamentari si va alla lotteria dei penalties. Goycochea, nuovo portiere titolare dei campioni del mondo in carica, para due penalty e qualifica i suoi.

IL SOGNO SVANITO

Si arriva a quella che per noi è stata una semifinale piena di rimpianti, che certo speravamo andasse per il verso giusto, visto che Super Totò ci aveva trascinato fin lì con un imprescindibile sete di vittoria. In effetti, è proprio lui a portarci in vantaggio con la complicità dell’estremo difensore  Goycochea; ma poi, un uscita a vuoto di Zenga permette a Caniggia di realizzare il pareggio.

Si andrà ai rigori, con gli argentini infallibili dagli undici metri: Serrizuela, Burruchaga, Olarticoechea e infine Maradona. Goycochea riuscirà a neutralizzare i tiri di Serena e Donadoni regalando ai suoi la finale di Roma, la seconda finale mondiale consecutiva.

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Una magra consolazione arriverà nella finalina per il terzo e quarto posto, dove gli azzurri superano gli inglesi per 2-1 con reti di Baggio e, ovviamente, del solito Schillaci.

UN ANNO DI CONTRADDIZIONI

Il 1990 è stato un anno che ha segnato in qualche modo un punto di svolta per gli italiani. L’Italia era al suo massimo splendore, un paese “modello” che vendeva il proprio brand, inteso proprio come Italia stessa, al mondo di fine anni ’80. Al tempo stesso, però, alcuni settori del paese (come quello automobilistico, il caso FIAT visto nel paragrafo iniziale) iniziavano ad esser toccati da un periodo di crisi che lo stavano spingendo pian piano verso una lenta decadenza.

Sarà un anno pieno di contraddizioni: da un lato il mondiale di Italia ’90 non ha raccontato soltanto le notti magiche di Totò Schillaci, simbolo di quella Nazionale, ma di un’Italia che sognava di emulare le gesta finanziarie del suo manager, Montezemolo; dall’altro lato, invece, avrebbe dovuto esser il motore risolutorio di una situazione che all’interno del paese andava pian piano peggiorando. Si potrebbe definire la “medicina” per un’Italia che lentamente si stava avviando verso la malattia, un declino lento e sofferente che avrebbe condotto il paese negli anni successivi a quella che è stata etichettata come una delle peggiori crisi economiche nella storia della penisola.

A distanza di 28 anni dal mondiale, oggi l’Italia è ancora in cerca di un’identità che in qualche modo la riporti ad essere il paese prospero di un tempo. Tuttavia, tra gli italiani non si è del tutto smarrita quella voglia incredibile di tornare a sognare, provare l’emozione di un qualcosa che li faccia di nuovo sentir grandi proprio come in quelle calde notti magiche. Del resto è l’orgoglio per il nostro paese, che fin da sempre ci contraddistingue, a tenerci ancora in piedi.

Anche per questo, forse, quell’edizione mondiale e le sue “notti magiche” le ricordiamo sempre con un sorriso nostalgico. Perché veramente hanno rappresentato l’apice di un bellissimo sogno, svanito solo sul più bello.