1.Introduzione.
Fin da sempre grande appassionato di calcio. In particolare delle storie romantiche che nascono all’interno del suo contesto.
Ritengo che il concetto di squadra abbia origine e si sviluppi in età fanciulla, dove valori sani del mondo del pallone come il divertimento ,l’attaccamento alla maglia e la correttezza con l’avversario rappresentano facce della stessa medaglia. Per questa ragione, coltivo l’idea che il settore giovanile,svolga all’interno del profilo società, una funzione di vitale importanza. Qui, forse non è del tutto errato provare a fare una similitudine, accostando il suo concetto a quello di “nido”. Il settore giovanile del resto rappresenta una sorta di nicchia nel quale ogni piccolo atleta cresce, matura per poi imparare a “volare “coltivando sogni ben più grandi, senza tralasciare naturalmente il passato e i ricordi di un’infanzia piena di storie incredibili. Come già sostenuto in uno dei miei articoli precedenti, dedicato al calcio di strada, tengo a ribadire di fatto , che oggi il settore giovanile costituisce l’ultimo baluardo del calcio inteso come puro divertimento. Uno scrigno che rivela e conserva nel tempo imprese e trionfi, che solo chi li ha vissuti, porta nel cuore quell’inenarrabile emozione che di tanto in tanto riaffiora e ti spinge a ricordarli .
Dilettanti e professionisti a confronto.
La storia che mi appresto a narrarvi si svincola totalmente da quella sfera calcistica che racchiude fama e notorietà. E’una storia che viaggia dentro la storia. Per una volta è giusto raccontare dell’impresa di Davide , piuttosto che della grandezza di Golia.
Ha un sapore magico, perché tuttavia deriva dalla volontà di confrontarsi , mettersi in gioco con realtà più blasonate, dalle quali apparentemente , secondo i pronostici, hai solo da imparare. Si parla della piccola che per la prima volta si siede al tavolo delle grandi e con fare umile si appresta a degustare piatti mai visti prima.
Però tutti lo sappiamo, la vita come lo sport manifestano durante il cammino , ostacoli e imprevisti. E’proprio quando , riesci ad affrontarli con la volontà di costruire, abbinando una giusta dose di determinazione e pragmatismo, che le difficoltà si trasformano in coraggio. Cosi le piccole storie diventano bellissime favole. La piccola dilettante si è accomodata al tavolo dei grandi professionisti e con la massima umiltà, ha voluto ricordar loro che si può sempre imparare tutto da tutti. Sopratutto quando si naviga in mare aperto e non basta un’ancora per tenere a galla le certezze.
Le storie romantiche che gravitano attorno al mondo del calcio, hanno sempre un sapore nostalgico per quel ricordo dolce e malinconico di chi le ha vissute. Se ci sei dentro, ti accorgi che le parole di chi racconta suonano alle tue orecchie come una grande impresa e non fanno altro che dissetare l’animo e la mente di meraviglia e grandiosità . La giusta dose di follia che alimenta in qualche modo “il gap” tra sogno e realtà , è l’ingrediente segreto per implementare la consapevolezza che l’impossibile tal volta , può diventare possibile. Che le piccole storie possono diventar grandi .
A Nord del Calcio.
Per entrare nel vivo di questa bellissima favola, bisogna spostarsi al settentrione. Un po’ più a nord del pianeta calcio e al confine con la storia. Siamo in Veneto , precisamente nella provincia di Treviso. Con curiosità, ci addentriamo , all’interno di una cittadina che vanta un profilo storico di rilevanza , considerata la posizione geografica strategica. Situata all’imboccatura della Valle del Piave , collegamento tra la pianura e l’area pre-alpina, la città di MONTEBELLUNA ha svolto un ruolo di fondamentale importanza nella fase produttiva, fin dagli albori della sua nascita. Città di frontiera, che faceva dell’artigianato ( in particolar modo nel secondo dopoguerra) il suo punto di forza tanto da diventare negli anni ’80 e ’90 una delle aree più ricche d’Europa , nonché capitale della calzatura sportiva. E forse allora non è poi così difficile intuire che tra questa città e il mondo dello sport sia sempre esistito un filo conduttore che li lega. Più in generale potremmo comunque pensare, che il Veneto in sé e per sé, conservi dal punto di vista storico-sportivo una cultura più raffinata rispetto al profilo di altre regioni. Non è un caso infatti che nel dicembre 2015 , in collaborazione con l’università di Verona , proprio qui a Montebelluna, nel museo di Scienza e Archeologia, si sia svolta un’importante mostra internazionale volta ad esaltare il complesso rapporto tra scienza e sport. Lo sport in Veneto rappresenta una base solida della società, una cultura affermata a livello nazionale che ha contribuito nel tempo a dar voce ad uno sviluppo ed una diffusione mondiale. Se ci pensate bene, non è neppure un caso che le migliori realtà sportive siano appunto venete. Pensiamo al basket, con la Reyer Venezia ( 8 titoli nazionali) oppure al rugby con la Benetton Treviso (vincitrice di ben 15 scudetti ), o addirittura al calcio dove la regione è stata rappresentata negli anni da ben 6 società diverse nella massima serie: Chievo Verona, Hellas Verona, Padova ,Treviso, Venezia e Vicenza. Allora forse , dopo questo quadro,non impiegherete molto a capire perché da un po’ di anni a questa parte, anche i miracoli sportivi hanno deciso di abitare in questa terra.
Montebelluna calcio: un passato che vive nel presente.
C’è bisogno del passato per vivere il presente e pensare al futuro. Proprio così, il profilo storico ha sempre un impatto rilevante nel cammino e nel successo che verrà. Si parte dal vissuto per costruire un tempo attuale che abbia fondamenta solide. Ma sembra ormai una rarità, in questa epoca contemporanea, pensare che modestia e perseveranza siano di fatto le componenti fondamentali per affrontare certi tipi di sfide e confronti. Colpa dei media e più in generale , di una modernità che corre veloce e imbocca scorciatoie , senza lasciar spazio ai sani valori di principio. E’ quando però decidi di seguire le strade più tortuose e piene di insidie , che il paesaggio allora, si apre agli occhi come non lo hai mai visto.
La storia del Montebelluna calcio, non è una storia come le altre. Per il semplice fatto che la società coltiva un’importante tradizione calcistica in Veneto sia dal punto di vista storico, che da quello giovanile. Si parla infatti di uno dei vivai dilettantistici più fiorenti sia in regione che nel palcoscenico nazionale. Da ormai svariati anni , la società prende parte con le squadre del proprio settore giovanile (allievi, giovanissimi) alle finali italiane dilettanti. Sono ben sette gli scudetti tricolori cuciti sulle maglie del settore giovanile bianco celeste dal 1975 . Frutto di un lavoro e di un’intensa dedizione che hanno portato ad importanti risultati sia sul campo che nei singoli. Ogni anno infatti sono svariati i giovani talenti che partono dal “monte” per raggiungere i grandi club nazionali. E se il buongiorno si vede dal mattino, verrebbe da pensare che non tutti i miracoli allora avvengono per caso. Perché semplicemente, in storie come questa, vi è racchiusa una celata volontà di incontrarli.
Stagione 2007/08, dai dilettati agli Allievi Nazionali: La favola dell’annata ’91.
Ricordo perfettamente, da ragazzo, quella forte sensazione di curiosità mista ad euforia . Per svariate estati l’ho respirata sotto il sole cocente di Luglio ,mentre attendevo impaziente notizie di calciomercato, novità sui campionati o più semplicemente quel colpo di scena che spesso arrivava quando eri impegnato a fare tutt’altro. Del resto trovo che non ci sia citazione più azzeccata di quella del celebre filosofo e scrittore tedesco Gotthold Lessing :
“L ‘attesa del piacere è essa stessa il piacere”.
Nel frattempo l’oggetto sferico ovviamente continuava ad esser il mio miglior amico anche nei lidi balneari e se avessi potuto lo avrei portato perfino sotto le coperte. Fantasticavo e sognavo, come tutti i giovani atleti, su ciò che sarebbe stato, cosa mi avrebbe atteso e soprattutto quali novità avrebbero avviato ed accompagnato il nuovo anno. E’da queste breve parentesi e riflessione, che voglio partire per raccontarvi la favola dei ragazzi del Montebelluna.
Correva la calda estate del 2007. I campionati erano già andati in ferie lasciando spazio a spiagge assolate, mare e trekking sulle Alpi. Cosi mentre gli atleti, respiravano una boccata di libertà, dalla quotidianità e gli impegni settimanali , gli addetti ai lavori a piccoli passi preparavano la stagione successiva.
Quell’Estate fu la Federazione a cambiare le carte in tavola. Tra le novità introdotte, ve ne fu una che, da un lato destò il pieno stupore dei club professionisti, dall’altro mandò letteralmente in delirio il mondo dei dilettanti. Era chiaro , che trattandosi appunto di una nuova sperimentazione, si dovesse in un certo senso stringere il cerchio e rendere questa novità un’assoluta “limited edition”. Quindi fu concessa la possibilità ,a tutte le società che in Italia partecipavano ai campionati nazionali di Serie D, di iscrivere le proprie giovanili ( nelle categorie Giovanissimi e Allievi) ,ai campionati nazionali professionisti. Un importante scelta e scommessa che avrebbe permesso alle “New entry ” il confronto con società titolate di Serie A e B.
Non era mai accaduto, e probabilmente non si ripeterà, dopo che a seguito di quella stagione, alcune società blasonate di livello professionistico hanno esposto vigenti lamentele al Comitato sportivo Nazionale. Furono portate in questione presunte figuracce legate ai risultati, che in un certo senso , a detta loro, ne avrebbero compromesso l’immagine. Se però rovesciamo la medaglia dall’altro lato, più che figuracce e demeriti, si potrebbe bensì parlare di umiltà e merito da parte delle giovani dilettanti. Molte di queste, hanno saputo inserirsi egregiamente in un campionato , a loro del tutto sconosciuto e molto impegnativo, senza che le differenze ,di fatto si facessero notare fin troppo. Ben poche invece e forse il solo MONTEBELLUNA CALCIO è riuscito nell’impresa di scrivere una delle più belle pagine del calcio giovanile dilettante.
Una stagione da incorniciare.
Da quando ci siamo incuriositi di questa bellissima pagina calcistica, abbiamo deciso per una volta di lasciare da parte il calcio che conta . Siamo voluti andare fino in fondo ad un capolavoro che non è passato inosservato ma che sicuramente non tutti ricordano. Quello che è certo , è che, chi l’ha vissuta ancora oggi la ricorda con una miriade di emozioni nel cuore e un sorriso nostalgico stampato sulle labbra. Perché dopotutto quando ti affacci dal balcone delle grandi imprese, ne esci consapevole che ogni momento lasciato alle spalle, diventa incredibilmente un pezzo di storia . Qualcosa di cui vale la pena sedersi e raccontare. Quale miglior modo, se non quello di passare proprio attraverso le parole di alcuni dei protagonisti che hanno cavalcato l’entusiasmo di quella stagione ?
Le interviste: Il mister,Carlo Osellame.
Cosi abbiamo deciso di entrare a colloquio con il mister Carlo Osellame, cittadino montebellunese ed ex centrocampista in serie A con la maglia del Cagliari dal 1979 al 1982 dove collezionò 75 presenze e 5 reti . Osellame passò poi nella stagione 1982-1983 alle file dell’Atalanta, con la quale giocò sei partite in Serie B , prima di essere ceduto nella sessione autunnale del calciomercato al Modena in C1. Dall’Ottobre del 1982 al Giugno del 1984 militò quindi con i modenesi, dove siglò due reti in 57 incontri, prima di tornare nella sua squadra originaria, il Montebelluna. Attualmente responsabile scouting di quest’ultima, dopo varie esperienze da allenatore , sia nei dilettanti che nei professionisti. Dallo Schio in serie D ,agli allievi nazionali del Cagliari fino alla Primavera del Treviso . Senza ovviamente tralasciare le giovanili del Monte con le quali ha vinto ben 3 titoli italiani nelle categorie allievi e giovanissimi.
Buongiorno mister , quando si ricordano imprese e scalate come la vostra fa sempre un certo effetto , emotivamente parlando. Stagione 2007/08 lei è alla guida degli allievi del Montebelluna calcio ,che si prepara ad affrontare il campionato nazionale professionisti. All’inizio di quella stagione quali erano le sue aspettative e quelle della società , per quel tipo di campionato ?
” Essendo una squadra dilettante e giocando per la prima volta con i professionisti, ci eravamo prefissati di fare un campionato dignitoso. E’ logico pensare che loro avrebbero dovuto avere qualcosa in più di noi. Ma partita dopo partita con l’arrivo di alcuni importanti risultati , abbiamo preso fiducia e abbiamo dimostrato di giocarcela alla pari , raggiungendo il secondo posto a fine stagione e coronando un sogno per i ragazzi e la società.”
Avrebbe mai pensato di raggiungere le finali nazionali a cospetto di realtà professionistiche più blasonate?
“No, Assolutamente. Le ripeto, per noi fare un campionato dignitoso, significava puntare ad un piazzamento da metà classifica in giù , evitando figuracce e soprattutto l’ultima posizione del girone”
Il vostro gruppo era formato interamente da ragazzi del mondo dilettante, pensa che questo possa aver in qualche modo, influenzato il cammino del vostro campionato , soprattutto ai fini della classifica ?
” Il gruppo era formato totalmente da ragazzi cresciuti nel nostro settore giovanile , questo a testimonianza del buon lavoro che, con i giovani, ogni anno la società svolge. Essendo tuttavia un campionato allievi, non vi erano fenomeni. C’erano delle squadre dove si distingueva naturalmente qualche buon giocatore, come del resto anche noi avevamo. Però, ecco, glielo dico in tutta onestà ,noi non abbiamo mai avuto timore di nessuno. ”
Al suo arrivo, quali valori ha cercato di trasmettere allo spogliatoio al fine di un gruppo più coeso?
Niente, ho sempre detto ai ragazzi di giocare con tranquillità senza mai aver timore di nessuno. Ognuno doveva dare un contributo alla squadra, giocando al massimo delle sue possibilità. Se poi l’avversario si dimostrava più forte , eravamo pronti a dargli la mano. Tutto là il discorso.
Aveva un modulo di preferenza, che maggiormente adottava e per il quale , secondo lei ,la squadra girava meglio?
Indipendentemente dall’avversario che avevo di fronte , che fosse la squadra di serie A o serie C,non cambiava niente e giocavo sempre con il solito modulo. Adottavo un 4-3-1-2.
Ecco, visto che adottava questo modulo, mi viene spontaneo chiederle , cosa ne pensa della figura del trequartista?
E’in realtà un centrocampista aggiunto. Il centrocampista più avanzato dei tre,quello dotato di maggior fantasia. Figura che oggi è quasi del tutto scomparsa a causa dei numerosi tatticismi che vincolano il calcio moderno dove si predilige la fisicità.
Quante volte a settimana vi allenavate e quale aspetto curava maggiormente nelle sessioni settimanali?
Ci allenavamo 3 volte a settimana. Noi del Montebelluna , la prima cosa che guardavamo in un giovane era l’aspetto tecnico. Se sei più bravo tecnicamente, gestisci meglio la palla , soprattutto nel possesso e fai correre gli avversari a vuoto. Quindi ribadisco la tecnica a livello di settore giovanile era la componente fondamentale. La tattica poi veniva di conseguenza.
Eravate insieme a Sacilese e Montecchio Maggiore le nuove matricole del campionato. Ricorda una gara o se c’è stato per voi un punto di svolta, che vi ha fatto capire di potervela giocare con tutti?
Giocavamo partita per partita. Ricordo che il Venezia aveva qualcosa in più come qualità di giocatori. Con l’Udinese, squadra di serie A , per esempio abbiamo fatto 4 punti tra andata e ritorno espugnando tra l’altro il campo in trasferta. Con le altre , tra le quali Vicenza , Treviso ce la siamo sempre giocata alla pari, se non addirittura superiori a loro. Questo testimonia che qualsiasi fosse la caratura dell’avversario, per noi non cambiava niente. L’approccio alla gara restava sempre il medesimo.
Ecco mister , quello che avete compiuto di fatto resta un risultato storico, per lei, il gruppo e la società . A nostra interpretazione si potrebbe definire come “uno schiaffo” morale alle grandi realtà e più in generale al mondo del professionismo.
Infatti dopo quell’annata là, non hanno più ammesso le squadre dilettanti con i professionisti. Non so bene per quale motivo, ma credo che le realtà professionistiche si siano lamentate rifiutando futuri nuovi confronti con il mondo dilettante. Dopo questa vigente protesta, infatti non abbiamo più giocato contro di loro . Evidentemente in quella stagione , gli abbiamo rovinato la festa…
Facendo riferimento alla sua squadra ed esperienza, ritiene che il mondo dei dilettanti, a livello giovanile, oggi sia caratterizzato da un ‘approccio che dedica scarsa attenzione alle qualità tecniche e psicologiche di ogni singolo atleta?
Oggi , in linea di massima , tutti giocano per vincere a cospetto del bel gioco naturalmente. Vi è si scarsa attenzione, anche perché , nelle scuole durante le ore di ginnastica/educazione fisica si tende a curare ben poco l’aspetto motorio che comprende la coordinazione dei movimenti. Come si può pensare che un ragazzo, che manifesta evidenti problematiche fisico-motorie riesca a raggiungere un buon livello tecnico?
Pensa che manchi qualcosa al calcio giovanile attuale?
Beh credo che le cose stiano cambiando, perché nei tempi odierni le società mettono a disposizione delle proprie squadre e quindi dei propri ragazzi , allenatori , preparatori atletici e staff sempre più qualificati , che hanno alle spalle corsi di formazione educativi. Nei primissimi anni da allenatore qui a Montebelluna, ricordo che non esisteva tutto questo e di fatto mi basavo solo ed esclusivamente sulla mia esperienza da giocatore , insegnando ai ragazzi quello che da atleta io stesso riportavo sul campo.
Tornando all’annata degli allievi nazionali, ricorda se per qualcuno dei suoi ragazzi sono arrivate delle piccole soddisfazioni a fine stagione ?
Ci sono stati due/tre giocatori che hanno toccato la serie C. Uno di questi , tra l’altro abbastanza quotato ha militato nelle file di Cittadella ( primavera ) , Pordenone Teramo e Alessandria, un certo Martignago. C’è stato un certo Falcier , che fu preso dall’Entella , difensore centrale , che a causa di un infortunio abbastanza grave è stato poi costretto a lasciare il calcio. Oppure la punta Samuel Sari che dopo quella stagione fu acquistato dal Rimini . Ecco questi sono stati diciamo i principali trasferimenti verso il calcio professionistico, in seguito a quell’annata.
Un ultima domanda prima di lasciarci, è doverosa. Se oggi avesse davanti i ragazzi di quell’incredibile stagione cosa vorrebbe dir loro?
Eheh , Ormai sono uomini, essendo dell’annata ’91 compiono ventinove anni quest’anno. Molti di loro avranno famiglia con dei figli. Malgrado tanti li abbia persi di vista,auguro a loro di avere una vita serena a fianco dei propri affetti. Se poi avete ancora la possibilità GIOCATE A CALCIO RAGAZZI ! Divertitevi !!
A colloquio con Riccardo Martignago.
Dopo aver parlato con il timoniere di quella fantastica annata,la nostra curiosità ci ha spinto ben oltre . Per questo abbiamo deciso di ascoltare anche la versione di chi ha vissuto l’esperienza in prima persona, proprio da atleta , nella rosa al servizio di mister Osellame. A questo proposito, abbiamo fatto due chiacchiere anche con Riccardo Martignago. Giovane classe ’91 ,cresciuto calcisticamente nel vivaio del Montebelluna, dopo la stagione degli allievi nazionali , ha visto aprirsi le porte del professionismo con il passaggio al Cittadella Primavera. Poi Pordenone, Teramo ed attualmente in forza all’Alessandria.
Stagione 2007/08 Riccardo Martignago , fai parte della rosa al servizio di Mister Osellame che affronterà il campionato nazionale allievi professionisti. Come avete vissuto tu e i tuoi compagni il clima preparazione del pre-campionato ?
Per noi è stata probabilmente la stagione più entusiasmante a Montebelluna. Quando ci hanno comunicato ufficialmente che avremmo affrontato realtà professioniste a dire il vero eravamo tutti un po’ “spaesati”. Abituati a giocare con società di provincia, quindi molto più piccole, il confronto con i professionisti era per noi una nuova sfida , nonché un’ ulteriore stimolo.
Tu sei cresciuto calcisticamente nel Montebelluna, come del resto gran parte dei tuoi compagni di quella stagione. Una società che oltretutto vanta un profilo di spessore nel panorama dilettantistico italiano. Ecco, che effetto ti ha fatto, emotivamente parlando, trovarti insieme ai compagni con i quali sei cresciuto, a disputare un campionato cosi importante a livello giovanile ?
All’inizio , come già ti ho detto eravamo tutti un po’ frastornati dall’idea. L’ossatura della squadra , costituita da ragazzi dilettanti , è rimasta invariata per anni quindi siamo arrivati all’inizio di quella stagione con un profilo molto umile, sotto questo punto di vista. Samuel Sari , mio carissimo amico, l’unico che veniva da Treviso, dal quale in un certo senso era stato scaricato. Quindi a fine stagione si è persino preso una bella rivincita.
Questa domanda l’ho rivolta anche al mister . C’è stato secondo te una gara o un momento che ha segnato un punto di svolta, dove avete capito che in realtà potevate giocarvela con tutti?
Beh, la prima giornata è stata quella che forse ci ha dato la soddisfazione più grande . Un pareggio (1-1) , acciuffato nel finale contro l’Udinese, che ci ha regalato la vera consapevolezza di poter affrontare quel tipo di campionato a viso aperto. E’stata la chiave di sblocco del nostro cammino . Da li in poi sono arrivati in sequenza una serie di risultati positivi . Abbiamo vinto a Trieste, e ci siamo persino superati nel derby a Treviso ritrovandoci sorprendentemente al comando della classifica.
Parlando con il mister del modulo , mi ha detto che spesso prediligeva un 4-3-1-2 o in alternativa un 4-3-3. Che ruolo ricoprivi e quanto ritieni sia stata fondamentale la sua interpretazione nel corso della stagione ?
Nel primo caso giocavo da trequartista, mentre nel secondo venivo schierato nei tre davanti, più precisamente alto a sinistra. Al di là del ruolo però l’aspetto fondamentale di quell’anno è stato senza dubbio il gruppo. Lo zoccolo duro della rosa era formato da una cerchia di ragazzi che è cresciuta insieme calcisticamente parlando. Con le famiglie ricordo che spesso, a fine gara ci fermavamo a pranzo insieme. Si era instaurato un legame di amicizia così solido tra noi , che la squadra era diventata come una vera e propria famiglia allargata. Indubbiamente io devo tantissimo al calcio Montebelluna perché per quanto mi riguarda è stato il mio trampolino di lancio. La nostra era una realtà più confidenziale rispetto alle altre società del campionato. Per questo ribadisco, che non è tanto una questione di modulo , piuttosto coesione e un forte spirito di squadra hanno influito sul nostro cammino in maniera decisiva.
Se hai ancora contatti con il mister e compagni , ti sarà capitato di ricordare quei momenti. Ti è mai venuta un po’ di nostalgia?
Contatti… ne ho mantenuti con tantissimi ragazzi. Sono particolarmente legato a Nicola Falcier, che era il capitano, con il quale sono cresciuto fin dai primi calci. Lo stesso Samuel Sari,già menzionato precedentemente che vive a Treviso e riesco a vedere. Te ne potrei dire altri , Marco Bressan , Johnny Zanatta e Marco Piazza . Abitiamo tutti più o meno vicini e quando ci incontriamo , ci capita naturalmente di incentrare le nostre conversazioni su quella stagione memorabile. E’ stata davvero una storia assurda la nostra.
Quanti dei tuoi ex- compagni, sono riusciti ad avere qualche soddisfazione dal calcio, come del resto tu stai avendo ?
Dopo quella stagione siamo andati via dal vivaio io e Samuel. Io al Cittadella e lui si accasò a Rimini , entrambi in prestito. E’ stata una scelta della società Montebelluna, non lasciare andar via molti ragazzi, in prospettiva futura per la prima squadra. La società militava in serie D, ha sempre fatto bene e per questo teneva tanto al gruppo. Molti di noi avrebbero affrontato il campionato Juniores per poi fare il salto di sopra.
Tornando alla stagione, sarebbe corretto secondo te ,definire il vostro percorso come una sorta di schiaffo al professionismo , alle realtà più blasonate e a tutti quelli che , ai nastri di partenza vi avevano sottovalutato?
Inizialmente il timore di sfigurare era molto. Sopratutto temevamo che questa scelta riguardo il nuovo campionato, fosse dovuta in un certo senso a tappare dei buchi lasciati da altre società professioniste, che probabilmente avevano rinunciato ad iscriversi. Ovviamente poi non è stato così. Per noi è stata comunque una prova di carattere e di orgoglio. Seppur dilettanti , quando riesci ad avere la meglio sui professionisti in termini di risultato, acquisti consapevolezza sui propri mezzi e non li vedi più come dei marziani. Quando leggi sulle tute Udinese calcio o Treviso Football Club fa sempre un certo effetto, ed ancor più emozionante realizzare che stai prendendo parte al loro stesso campionato.
Al termine di una stagione che vi ha visto partire come matricola, per poi recitare un ruolo da protagonista, arriva un risultato del tutto inaspettato. Secondo posto e qualificazione alle fasi nazionali. Tra l’altro unica società dilettante sul panorama calcistico italiano, a disputarle. Vi aspettavate questo risultato e soprattutto sul piano delle emozioni, cosa ricordi?
E’stata una soddisfazione indescrivibile. Sebbene sul territorio, a livello dilettante, il Montebelluna rappresenti la società più importante, quella che ci veniva messa davanti in quella stagione, era una sfida che consisteva anche nella totale presa di fiducia dei nostri mezzi. Il Montebelluna calcio ha vinto tanto a livello dilettantistico ed è ormai società ben nota sul panorama nazionale. Da un lato quando ci hanno detto che prendevamo parte ad un nuovo campionato, alcuni di noi inizialmente l’hanno vissuta anche con un po’ di rammarico. Naturalmente dovuto all’occasione sfumata di prendere parte alle finali dilettanti. In sintesi ” Facciamo un campionato professionistico di livello, ma chissà con quali risultati“. Poi invece abbiamo capito di poterci stare, affrontando partita dopo partita a viso aperto e coronando una stagione pazzesca con la ciliegina delle finali.
Quanto ritieni sia stato importante il rapporto di amicizia e una maggiore coesione ai fini del risultato?
Tantissimo. Ti da quel qualcosa in più. Noi abbiamo vissuto quei momenti a pieno in un contesto di divertimento , ma il gruppo e lo spogliatoio erano per noi una seconda famiglia. L’uno a disposizione dell’altro, prima, dopo e durante. Alla fine dei giochi , è stato l’aspetto che ha fatto la differenza.
Arriviamo al capitolo finali nazionali. Il sorteggio vi ha messo davanti il Milan. Siete riusciti in un’altra grande impresa pareggiando la gara di andata davanti al vostro pubblico. Nella gara di ritorno, siete usciti sconfitti 4-0 salutando le finali. Comunque sia , avevate già oltrepassato le aspettative. Qualche rimpianto in merito?
No, loro avevano decisamente una squadra superiore. Ricordo che nella gara di andata , pareggiata 1-1, si respirava un’atmosfera incredibile. Il campo di casa era pieno di gente e sinceramente non mi era mai capitato di vedere cosi tanto pubblico. Già questo aspetto ci faceva comunque capire che avevamo fatto qualcosa di grande. Purtroppo nella gara di ritorno è venuta fuori la loro superiorità, e sicuramente le condizioni atmosferiche ci hanno un po’ complicato le cose. Pioggia incessante e noi che probabilmente siamo andati a giocare con un pizzico di timore, agitazione. Se si aggiunge anche qualche assenza pesante rimpiazzata dai classe’92 , si fa presto a capire che le chance di passare il turno erano del tutto limitate. Nessun rimpianto, fieri del traguardo raggiunto!
Vorrei farti un’ultima domanda Riccardo, prima di salutarci. Se oggi avessi davanti mister Osellame, cosa vorresti dirgli?
Devo solo ringraziarlo. Ha sempre avuto un enorme pazienza e dimostrato professionalità nel suo ruolo. Attraverso il suo modo di interpretare il calcio e tenere unito il gruppo è stato il primo a trasmetterci sicurezza e convinzione nei propri mezzi. Devo tanto anche alla società , che mi ha lanciato nei professionisti, dopo un percorso all’interno del quale sono maturato sia come giocatore che come uomo.