Le nuove tecnologie e l’allontanamento dal calcio di strada hanno portato il movimento italiano, su tutti, ad una mancanza di talento assoluto. E i recenti risultati confermano il trend negativo…
Ricordi
Porte improvvisate. Spesso fatte da maglioni o giacche lasciati cadere bruscamente sul terreno, senza minimamente curare l’eleganza del gesto.
A volte invece, era il portone di un vecchio garage abbandonato che si prendeva la piena libertà di “conservare” l’emozione di un goal, un istante dopo il fragoroso suono emesso dall’urto del pallone. Un campo senza righe, delimitato da muri, marciapiedi dove sostanzialmente non vi erano regole particolari e anche il famoso “rinterzo” diventava lecito e parte di ogni sfida.
E dai ricordi di pantaloni strappati, ginocchia sbucciate e conseguenti urla domestiche. Di palloni finiti sotto le automobili o, peggio ancora, da rincorrere per strade senza protezione alcuna.
Sono figlio di quella che, probabilmente, è l’ultima generazione del calcio di strada. Poi è giunta pian piano l’era dei computer, dei sempre più amati videogiochi che in qualche modo hanno privato i giovani di uno stretto rapporto con la realtà.
Dopotutto, sono fiero di aver goduto di quelle abrasioni sull’asfalto, dei TANGO anche fuori dai lidi balneari e soprattutto di un’infanzia piena di memorabili ricordi.
Il calcio di strada nel mondo
Di fatto la potenza del calcio passa e comincia da lì. Dalla strada e dal cemento, dove la passione incontra la spontaneità dei gesti, dove anche l’ingegno e l’astuzia si rivelano fondamentali per entrare nella lista dei vincenti.
Dall’ altro lato si apprende il vero significato della parola rispetto. La correttezza e l’onestà con l’avversario sono due di quei valori che provengono proprio dalla strada e non possono essere ignorati. Il calcio di strada è il calcio di tutti, il calcio per tutti. E tanti campioni, piccoli o grandi, sono cresciuti proprio qui. In tutta la parte latina del Sud America lo chiamano Futbol Callejero, in Brasile invece è più comunemente conosciuto come Futebol de Rua o Futebol Moleque che tradotto significa calcio fanciullo.
Molti dei grandi talenti del calcio provengono e sono nati con il calcio di strada, basti pensare ai vari Maradona , Messi, Ronaldo e Romario. Prendendo a calci un pallone fatto di stracci, o una semplice lattina. Si gioca in spazi ristretti e il solo modo per evitare il contatto con l’avversario resta quello di implementare le proprie doti tecnico-balistiche.
Tuttavia il calcio di strada è stata per molti una via di fuga dalla delinquenza, un’ancora di salvezza da un mondo buio e pieno di insidie. Con il passare degli anni in America latina il Futbol Callejero si è trasformato in un vero e proprio movimento, grazie anche all’argentino Fabiàn Ferraro che, in seguito alla perdita del fratello, ha deciso di renderlo un mezzo per educare i giovani e per sottrarre i ragazzi più sfortunati alla malavita.
“Il calcio di strada ti insegna il rispetto per l’avversario, l’importanza delle regole. Conosci persone e culture diverse e fai amicizia con ragazzi di tutto il mondo”
Un percorso lento ma costante che ha portato oggi alla nascita di una vera e propria rete di squadre in tutto il Sud America. Il Movimiento de Futbol Callejero è oggi presente in Argentina, Uruguay, Paraguay, Cile, El Salvador, Ecuador, Costa Rica, Panama, Colombia e Perù.
“Dalla strada, per la strada la forza del dialogo attraverso il calcio.” F.F
Italia, dov’è finito il calcio di strada?
Mentre in Sud America e in generale nel mondo il calcio di strada resta ancora un’attività praticata dai giovani, il nostro paese con l’arrivo della modernizzazione ha quasi totalmente cancellato gli aspetti più sani della vita quotidiana.
Il dialogo, le relazioni, sono tutte facce di una medaglia che nei tempi odierni si nascondono dietro all’alta tecnologia: dai computer ai cellulari, passando attraverso i social e lasciando nel cuore di noi nostalgici nient’altro che un velo di rimpianto. Cosi anche nel mondo del football. Di fatto il calcio odierno ha subito uno stravolgimento rispetto a quello degli anni ’90 e i primi del 2000.
Si parla di un calcio votato al business, dove l’apparenza vale più dello spettacolo, dove l’amore e l’attaccamento alla maglia si arrendono davanti alle logiche del profitto e dell’arricchimento di pochi. Il calcio in Italia ha avuto un tracollo negli ultimi anni e fatica a ritrovarsi perché manca alla base l’aspetto più genuino di questo sport: il gusto del divertimento.
Una costante, per quanto concerne il calcio di strada. Molti regolamenti comunali, oggi, tendono a vietare la pratica del calcio in strada, a tutela della quiete pubblica. A rendere il tutto più desolante, però, c’è che i parchi cittadini, fino a qualche anno fa gremiti da bambini, oggi molto spesso risultano semivuoti. E anche quando vi sia malgrado qualche sprazzo di vitalità, sono sempre meno i palloni che rotolano sui prati.
A fronte di ciò, le scuole calcio rimangono l’ultimo baluardo del gioco popolare per eccellenza. E queste, fortunatamente, si sono strutturate negli anni, modernizzandosi e arricchendo le conoscenze teoriche latenti fino agli scorsi anni. Rovescio della medaglia, però, è che i ragazzi hanno perso quel pizzico di sana follia che veniva donata dal giocare ovunque ci fosse un pallone e uno spazio più o meno idoneo alla pratica. Meno brio, meno inventiva, meno fantasia.
Ad una generazione cresciuta col sogno di emulare le gesta di Ronaldo, Del Piero, Baggio nei cortili, nelle piazze o nelle semplici strade, corrisponde l’epoca attuale fatta di tablet, smartphone e, forse, genitori sin troppo premurosi. Che sia questo uno dei motivi, almeno in Italia, di una qualità calcistica così ridimensionata?
In attesa di un futuro migliore, lottiamo affinché i nostri figli non crescano incollati ad uno schermo, donando loro quel senso di libertà che noi per primi abbiamo inalato. Perché forse, in fondo, è quello che basta per non perdere la speranza.
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